La riflessione pedagogica delle organizzazioni, impegnata nel dibattito sulla sostenibilità, ricerca e studia le buone prassi organizzative e imprenditoriali capaci di costruire ambienti lavorativibuoni, nei quali porre le persone al centro del processo di sviluppo personale. Inoltre, aziende, imprese sociali e nuove professionalità rappresentano ambiti emblematici per riflettere criticamente sullo sviluppo del capitale umano e sociale, sul rapporto tra giovani e lavoro, nella prospettiva del lifelong learning e per creare human grids, alleanze sul piano della progettazione educativa e di sviluppo.
Lo studio condotto in Loccioni Group ci permette di fare due considerazioni in merito alla dimensione afferente alle risorse umane. La prima afferma che un’impresa fortemente radicata sul valore della formazione e, soprattutto, che investe in numerosi progetti formativi, prospetta un ritorno di ricchezza in termini di crescita della conoscenza, di sviluppo dell’innovazione e di condivisionedi competenze. […]
La seconda considerazione verte sull’efficace modalità di Loccioni di proporre un nuovo linguaggio intriso di una semantica capace di abilitare quella creatività umana che permette di riscoprire il valore della persona, talvolta dato per scontato. […]
Alla luce di questo, l’impresa che persegue il profitto economico e il benessere umano riconosce l’importanza della comunicazione quale veicolo privilegiato di testimonianza della coerenza tra i valori dell’impresa e i comportamenti assunti, in una logica di attestazione affidabile che propizi all’azienda responsabile adesione dei consumatori e competitività sul mercato. La cultura d’impresa è capace di fare dell’ambiente lavorativo un ambiente anche educativo nella misura in cui riconosce il potere trasformativo delle parole.
[…]P. Malavasi ci ricorda che «progettare e generare il civile, attraverso la tutela e la promozione delle relazioni educative, implica che politica ed economia, università e comunità locale si riconoscano reciprocamente, nella complessità di rapporti istituzionali, compiti amministrativi e di ricerca, responsabilità di governo e deleghe operative». Nella relazione ci si conosce e ri-conosce, poiché essa assume il compito di rielaborare e dare senso alle esperienze vissute. La riflessione pedagogica avvalora l’idea che una relazione responsabile ed educativa sia fonte di sviluppo umano integrale nell’idea che essa favorisca lo sviluppo di legami fraterni e solidali. A. Vischi suggerisce in proposito che «il profitto è massimo quando le scelte dell’impresa contribuiscono ad aumentare il benessere della comunità e del contesto in cui opera. La solidarietà si pone come elemento strategico anche per la generazione di profitto, la responsabilità e il volto dell’altro che richiede attenzione». Di conseguenza, il vero valore dell’investimento relazionale risiede nella messa in rete di vite e professionalità per un progetto comune. L’ambiente condiviso, non solo conteso, in termini di luoghi ma anche di questioni, può divenire una corale comunione di intenti6. Nel contesto in cui siamo inseriti, è necessario che «realtà istituzionali e imprese, associazioni e fondazioni [spostino] l’attenzione dalla singola decisione all’atteggiamento complessivo di responsabilità socio ambientale, in una prospettiva di rete e di dialogo multistakeholder».
In Loccioni, inoltre, non si ricerca solo la relazione, ma anche e, soprattutto, la qualità della stessa. Poiché «è muovendo dalla lettura della trama di relazioni che si può comprendere l’essenza del modello di Loccioni e l’identità del Gruppo»8. F. De Stefano9 afferma che ci troviamo di fronte ad una “Humanistic Knowledge Enterprise”, ovvero un’impresa che possiede tacitamente nella sua cultura e organizzazione un “orientamento umanistico”. Per questo l’impresa umanistica persegue un ideale di pieno sviluppo del proprio capitale umano attraverso il lavoro. In tal senso
the enterprise “growth”, according to Enrico Loccioni, has to be developed in a “qualitative sense, rather than a quantitative one”, that is to say in relation to the “improvement of people’s life”.
Di conseguenza, il pilastro della relazione “obbliga” a concepire il profitto non solo in termini economici, ma anche in termini umanistici: conoscenza, condivisione, crescita, sviluppo umano. Per questa precisa scelta gestionale, l’impresa non può ignorare i bisogni umani e sociali avvertiti nella relazione con il territorio, che divengono così sue personali necessità.
Ricorda A. Vischi che «nell’epoca attuale è necessario un modello economico che esprima un nuovo umanesimo, in cui prevalga l’homo reciprocus», per il quale l’atto del dono «si rinnova costantemente in una dimensione di reciprocità in cui ogni protagonista della relazione e al contempo ‘donatore e donatario’. Esso è la manifestazione concreta dell’individuo comunitario, che supera il dualismo individuo-comunità, riuscendo in eguale misura a coniugare in sé individuazione ed appartenenza, autorealizzazione e solidarietà».